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VILLIMPENTA

VILLIMPENTA
Con più di 2.200 abitanti, Villimpenta si trova al confine tra Lombardia e Veneto. Circondata dai comuni di Castel d’Ario, Sustinente, Roncoferraro, Sorgà (VR), Nogara (VR) e Gazzo veronese (VR); a differenza di molti altri centri del mantovano, Villimpenta conserva ancora le maggiori testimonianze architettoniche della sua storia, dal castello alla chiesa parrocchiale.

CASTELLO SCALIGERO
Il castello di Villimpenta si inserisce nel sistema di difesa del confine veronese che si attesta lungo la linea del Tione. Agli Scaligeri, che ebbero la signoria sul territorio nel periodo compreso tra il 1259 e il 1387, si deve la costruzione dell’attuale struttura. Si tratta di un castello ricetto, edificato con funzione di deposito dei prodotti agricoli e di rifugio della gente del luogo. Attualmente il castello è privo di più della metà della cinta muraria crollata nel secolo XIX e, perciò, si presenta ancora inserito nel sistema idrico difensivo originale costituito da due rami del fiume Tione. Con un impianto a forma di pentagono allungato irregolare, la fortezza ha un ingresso con rivellino munito di due porte: una più grande carraia, e una più piccola pedonale.  Entrambi i passaggi erano accessibili tramite un ponte levatoio di cui rimangono le fenditure verticali necessarie all’alloggiamento dei bolzoni. Appena entrati sulla destra si erge il mastio, che termina con un apparato a sporgere in cui i beccatelli, inframmezzati da caditoie e raccordati con archetti ogivali, sostengono la corona della merlatura. L’interno del mastio, in origine accessibile tramite ponte levatoio e porta collocati in corrispondenza del camminamento di ronda, si divideva in vari piani. Alla base della torre, si trovava una cantina; l’ultimo livello invece era occupato dalle guardie. La cinta muraria presenta merli alla ghibellina con feritoie e camminamento di ronda, il quale collega le altre due torri scudate a pianta rettangolare e a pianta pentagonale. All’interno del castello si trovano due costruzioni: la prima vicina all’ingresso era a servizio delle guardie mentre la seconda, del 1713, era un’osteria.


CHIESA DI SAN MICHELE ARCANGELO
Risale al XVII secolo. La facciata con un doppio ordine di lesene tuscaniche presenta lateralmente due nicchie che ospitavano in origine le statue di due santi. Nella parte alta una finestra illuminava l’interno fino al 1859. L’interno ad aula presenta una volta a botte rifatta nel 1959. Tutti gli altari interni inclusa la balaustra, sono opere di fine Seicento del veronese Giovan Battista Rangheri. L’altare maggiore (1685-1686) presenta un paliotto tripartito con cartelle polilobate. Sopra si eleva un tabernacolo a base ottagonale con colonnine e sei angeli posti a corona, dal quale si alza una lanterna con la statua della Madonna Assunta, eseguita nel 1695 da Gabriele da Vicenza. Il tabernacolo è sormontato dal bassorilievo raffigurante l’ostensorio eucaristico che si alterna a quattro nicchie con gli evangelisti realizzate da Francesco Maderno di Lucerna. Dello stesso autore, sono i putti in alto che coronano la colomba dello Spirito Santo e i bassorilievi ai lati della mensa con San Michele Arcangelo e Sant’Andrea. Ai lati dell’ingresso al presbiterio, si trovano due tele di Biagio Falcieri del 1684 raffiguranti a sinistra la Madonna del Carmine, San Giuseppe e San Giovanni Battista e le anime purganti; e a destra l’Immacolata con san Zenone e le Sante Lucia e Agata. Nel paliotto della cappella laterale di sinistra, si trova una formella con la Madonna del Rosario in gloria opera del Maderno. Nella cappella di destra con stemma della famiglia Emigli coronato dal collare dell’Ordine del Redentore, c’è una crocifissione con i santi Rocco, Filippo Neri, Francesco, Antonio da Padova opera di Santo Prunati, datata 1683. Nella navata si trovano i dipinti di Biagio Falcieri datati 1684, raffiguranti Sant’Andrea Apostolo, San Pietro Apostolo, San Giovanni Evangelista, San Michele Arcangelo.

ORATORIO DELLA CONFRATERNITA
L’oratorio è costruito per volontà di don Antonio Nizzoli tra il 1768 e il 1775. Progettista è l’ingegnere Antonio Chinaglia. La facciata esterna, rigirata sui lati, è scandita da lesene tuscaniche su piedistallo; al centro del timpano triangolare si trova il monogramma IHS. L’interno con pianta longitudinale centralizzata, presenta una navata segnata nel mezzo da una volta a crociera. Il presbiterio rialzato e fiancheggiato da due archi ciechi è concluso da due colonne tuscaniche che delimitano l’abside rettilinea. Nell’abside un padiglione con putti e croce, è preceduto da un dipinto del secolo XVIII. Recentemente acquisito e realizzato su lastra di piombo, raffigura il Risorto che si innalza sopra le anime purganti e i committenti dell’opera.

VILLA ZANI
Datata XVI secolo. Il possibile progettista è Bernardino Facciotto, attivo presso i Gonzaga tra il 1580 e il 1590. Committente dell’opera potrebbe essere Antonio da Passano, nobile genovese, che nel 1587 inizia le trattative con i Gonzaga per la cessione della villa di Villimpenta in cambio di un titolo nobiliare. L’edificio si presenta isolato e compatto, inserito in un giardino delimitato da edifici di servizio e dal corso di un fossato derivato dal Tione. Suddivisa in tre livelli, la villa ha un piano nobile che, rialzato sulle cantine, è concluso da un attico con finestre quadrate. Le facciate principali sono segnate da una serliana posta a protezione di una loggia biabsidata. Le superfici esterne, come in Palazzo Te, sono rivestite di opera rustica e presentano un ordine dorico. L’interno è occupato nella parte centrale, da un salone a doppia altezza che emerge al centro della copertura, per ricevere luce dall’esterno, tramite otto finestre oggi tamponate. Ai lati del salone sono quattro appartamenti ognuno con una saletta, una camera, un mezzanino e una scala a chiocciola.

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