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OZZANO DELL'EMILIA

OZZANO DELL'EMILIA

Ozzano dell’Emilia (13.741 abitanti) si estende lungo la pianura pedemontana sudorientale di Bologna, lungo i lati della Via Emilia e ad est del torrente Idice, con la forme caratteristica di un rettangolo lungo e stretto. Le sue origini risalgono all’antico impero romano, quando la città situata in quella che oggi è la frazione Maggio era chiamata Claterna, di cui il vicino torrente Quaderna conserva il toponimo. L’antico nome Ulgianum, derivato da Uliganum (Uligine), starebbe a significare ‘’terra molle’’ per la presenza di humus naturale. Il paesaggio collinare si adagia su una parte del Parco Regionale per la Biodiversità dell’Emilia Orientale e recentemente l’Unesco protegge due geo-siti come i Calanchi dell’Abbadessa e Valle del Rio Centenara. Ozzano dell’Emilia è una delle tappe della Strade dei Vini e Sapori Colli d’Imola ed inoltre, per le sue caratteristiche geo-morfologiche, fa parte del GAL( gruppo di azione locale), per la valorizzazione dell’Appennino bolognese. In questo scenario ideale si inserisce a meraviglia la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Bologna, forte polo d’attrazione e vivace realtà culturale del territorio.

BORGO DI S. PIETRO Sulle prime colline di Ozzano, ai confini con il Parco regionale dei Gessi Bolognesi e dei calanchi dell’Abbadessa e a monte della frazione di Maggio, sorge il grazioso, minuscolo borgo di San Pietro. Qui sorgeva il Castello di Ulgianum, uno degli anelli nella catena di fortilizi che furono eretti in epoca medioevale a difesa della Via Emilia, la cui presenza è documentata negli Annali camaldolesi(1099) insieme alla Torre superstite, recentemente restaurata, che faceva parte delle mura del castello. Il Castello di San Pietro, riedificato dopo le distruzioni del 1175, e passato sotto la giurisdizione del Comune di Bologna, nel 1366 venne preso dalle milizie di Bernabò Visconti e ancora nel 1420 dalle truppe di Braccio Fortebraccio. All’interno delle mura esistevano due chiese, la chiesa di San Lorenzo e la chiesa di San Pietro, l’unica sopravvissuta con il bel campanile svettante sul borgo. L’antica pieve, ampliata e restaurata negli anni 1771-1772, fu  ridisegnata nella facciata dall’architetto E. Collamarini(1926), dotandola di timpano e di due nicchie in cui ci sono le statue dei Santi Pietro e Lorenzo. Nel suo interno inoltre, si trovano le celebri colonnine romaniche, provenienti da Pastino, e l’antico Fonte Battesimale. Duecento  metri oltre la chiesa di San Pietro, fa capolino la restaurata fontana Dall’Armi, espressione tardo-cinquecentesca e dependance della residenza di campagna della nobile famiglia bolognese Dall’Armi. Nel borgo di  S.Pietro vi era un tempo un’antica osteria nota come “la trattoria delle vecchine”, rinomata in tutto il Bolognese per essere l’unica cucina dove la sfoglia era tirata a mano dalla Maria, dove si vedeva bollire il ragù sul fornello per ore ed ore sotto lo sguardo della Nina, e la carne alla brace veniva spesso arrostita dagli avventori, nel grande camino sempre acceso. Oggi l’esercizio continua la tradizione delle vecchine, impegnandosi a cucinare come un tempo per mantenere vivo il ricordo di un luogo mitico che ha visto alternarsi quattro generazioni della famiglia Avoni.

CHIESA DI SANT’ANDREA Sorta nel Cinquecento in località Sant’Andrea, la piccola chiesa custodisce le spoglie della Beata Lucia da Settefonti. Con questo nome è conosciuto il personaggio storico della badessa Lucia, venerata dai Camaldolesi come fondatrice del ramo femminile dell’ordine e ricordata anche nel nome del parco regionale. Fino al 1149 la chiesa di Sant’Andrea appartenne ai monaci camaldolesi dell’Abbazia di San Michele Arcangelo di Castel de’ Britti; poi la chiesa passò in possesso delle monache del medesimo ordine, del Monastero di Santa Cristina di Stifonte.  Nel 1158 le suore si trasferirono nel caseggiato annesso alla chiesa di Sant’Andrea e da qui, nel 1245, in quello di Santa Cristina della Fondazza di Bologna, loro casa madre. La chiesa però, retta da un cappellano, continuò ugualmente ad officiare. Con la beatificazione della consorella Lucia, le monache camaldolesi ottennero il consenso di traslare le sacre ossa dalla decadente chiesina di Santa Lucia di Settefonti a quelle di Sant’Andrea e Santa Cristina della Fondazza, dove ancora oggi sono custodite in urne collocate sopra ad altari costruiti in suo onore. L’ antica leggenda delle Settefonti racconta i turbamenti amorosi tra l’Abbadessa Lucia e il cavaliere Rolando, che in sella al suo cavallo percorreva ogni mattina il calanco, noto come Passo della Badessa, fino ai piedi del convento dell’amata.

VILLA ANGELICA Lungo gli “Stradelli Guelfi”, piacevole percorso alternativo alla Via Emilia che collega Bologna alla Romagna, si può ammirare la monumentale Villa Angelica, con suggestivo parco e laghetto, risalente agli anni 1843-1844 e dall’accentuato stile neoclassico. Dal 1981 la villa è sede dell’omonimo Istituto Erboristico, che fa dell’armonia e della naturalezza dell’ambiente circostante l’essenza stessa dei suoi prodotti, in cui l’antica e complessa scienza delle piante officinali incontra l’innovazione e la ricerca scientifica. Aperta al pubblico in occasione di eventi culturali, è comodamente osservabile dall’esterno. 

SITO ARCHEOLOGICO DI CLATERNA Il territorio di Ozzano dell’Emilia nasconde una delle realtà archeologiche più interessanti della nostra regione. Ai due lati della via Emilia, nell’area compresa tra  Maggio e il torrente Quaderna, si stendono i resti di una antica città romana, Claterna. Sorta nella prima metà del II secolo a.C., Claterna raggiunse dimensioni pari o superiori a quelle di Bononia (Bologna) e Forum Cornelii (Imola), per poi scomparire, misteriosamente, attorno al VI secolo dopo Cristo. Dal 1891 sono state condotte diverse campagne di scavo che hanno messo in luce reperti di notevole interesse, come strade, case, fognature, iscrizioni, oggetti d’uso e d’ornamento. Le costante opere di scavi portate avanti negli ultimi decenni stanno restituendo importanti testimonianze della storia del Bolognese orientale. Di particolare rilievo sono i resti di una domus di età imperiale, pavimentata a mosaico e cocciopesto, con eleganti decorazioni geometriche o ispirate a motivi vegetali. E’ inoltre possibile visitare l’incrocio fra la via Emilia ed il cardo massimo, principali strade della città antica, ed i piani di un’officina artigianale attiva negli ultimi secoli di vita della città. L’ Associazione Culturale Civitas Claterna, nata per valorizzare l’antica città romana di Claterna, permette anche ai non addetti ai lavori a partecipare alle attività di scavo e vivere l’esperienza di recupero, riscoperta e divulgazione del patrimonio storico-archeologico e culturale del territorio ozzanese. Tre le iniziative si segnalano Claterna si rivela, visite guidate all’area archeologica e Scoprire Claterna, incontri a tema di carattere archeologico, storico e sociale. Le escursioni sono abbinate a visite al Museo della città di Claterna: la mostra-museo ospita i materiali recuperati negli scavi effettuati fra la fine dell’Ottocento e il 1960. Il percorso espositivo, articolato in due sezioni ad anello, affronta inizialmente la storia della città e della sua riscoperta, scendendo poi ad esaminare la struttura urbanistica e le caratteristiche dei principali spazi urbani, pubblici e privati.

CHIESA DI S. MARIA DELLA QUADERNA In una bozza di un’anonimo, al seguito del cardinal Paleotti durante le visite pastorali eseguite nel 1578, questa chiesa appare con forme assai diverse dalle attuali, ovvero con caratteristiche simili a quelle di un tempietto romano a cui è annesso un altro fabbricato trasversale, dotato di tetto a lunga falda e campanile a vela. Dotata del campanile verso la fine del ‘600, la chiesa viene trasformata intorno alla meta’ del ‘700 e primi anni dell’800. All’interno sono disposte quattro cappelle oltre l’altare maggiore, sormontato da una mirabile Natività della Madonna del pittore Samacchini. Un’antica storia tramandataci riporta ad un massacro compiuto nel 1175-76 nei pressi della chiesa della Quaderna dai famigerati cavalieri di Cristiano, generale dell’imperatore Federico Barbarossa, i quali, dopo aver attirato in un’imboscata alcune decine di cavalieri bolognesi, ne sterminarono la maggioranza, con i pochi sopravvissuti fuggiti verso il ponte sul fiume Idice.

MUSEI VETERINARI A Ozzano dell’Emilia ha sede la facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Bologna, che ospita un sistema museale di particolare rilievo. L’Istituto nazionale di fauna selvatica custodisce una collezione di circa 10mila campioni di uccelli e mammiferi: si segnalano le serie dei rapaci, degli uccelli acquatici e del lupo appenninico, reperti di uccelli estinti sul territorio italiano e di specie particolarmente rare. Una sezione didattica in allestimento ricostruisce alcuni habitat naturali della pianura padana. Il Museo di Anatomia degli animali domestici nasce nel 1882 per opera del professor Clemente Papi nella sua prima sede a Palazzo Malvezzi. Raccoglie oltre 1800 preparati, in prevalenza “a secco”, delle principali specie domestiche, pur prevalendo quelli inerenti al cavallo e bovino. Sono presenti circa 80 scheletri naturali e artificiali. Trai diversi preparati si segnala il Sistema Nervoso Centrale e Periferico del cavallo allestito con metodo di Giacomini. Il Museo Ercolani di Anatomia patologica e teratologia veterinaria espone più di 3000 preparati di patologia animale. Fu fondato da Giovan Battista Ercolani nel 1863 con i preparati di pertinenza veterinaria del Gabinetto di Anatomia Comparata.Vere opere d’arte sono le plastiche a colori in cera, creta e gesso che riproducono in grandezza naturale visceri di animali  domestici con lesioni anatomo-patologiche e mostruosità animali. La facoltà di Medicina Veterinaria presenta una raccolta di antichi strumenti chirurgici veterinari antecedenti al XIX secolo, di grande interesse storico, che affascinano soprattutto per la cura e la precisione con cui sono stati realizzati. A questi si affianca una notevole collezione di ferri da cavallo, che testimonia la destrezza dei maniscalchi locali nella ferratura.


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