OCCHIOBELLO

Occhiobello, con le due frazioni S.Maria Maddalena e Gurzone, è il primo paese della Regione Veneto che si incontra attraversando il fiume Po venendo da Ferrara da cui dista meno di 10 Km. È un Comune molto attivo sia sul piano produttivo - industriale che sul piano commerciale: uno sviluppo economico e sociale che ha raggiunto dopo aver affrontato, nel corso dei secoli, vicissitudini di ogni sorta. Nel corso dei millenni il territorio di Occhiobello subì notevoli trasformazioni sia di origine naturale, sia di origine storico-politica in seguito alle continue invasioni di civiltà diverse tra cui i Celti, gli Etruschi, i Galli ecc…; a seconda delle dominazioni anche la struttura politica ed economica subiva cambiamenti.
Dopo gli ultimi importanti eventi, cioè i bombardamenti della seconda guerra mondiale e la catastrofica alluvione del fiume Po del novembre 1951, Occhiobello è stato al centro di un boom di attività commerciali ed industriali che gli hanno permesso, dagli anni settanta, uno sviluppo demografico ed economico senza precedenti, facendone scoprire quell’immagine trionfante e di importante luogo di transito che si era andata offuscando nel tempo. Crocevia di importante strade nazionali, il paesaggio è delizioso, legato soprattutto alla presenza del Po e ad interventi di valorizzazione quali percorsi di visitazione, spazi di sosta attrezzati con camper service, attracchi fluviali, ecc. L'obiettivo è offrire nuovi servizi e attrattive in grado di creare un turismo alternativo a quello tradizionale e di incentivare la formazione di una nuova occupazione legata ad uno sviluppo sostenibile. Ville settecentesche ed edilizia ecclesiale sono di casa in territorio occhiobellese. Numerosi sono i locali caratteristici, anche sul Po, dove si possono gustare le specialità gastronomiche locali: i cappelletti, i cappellacci con la zucca, il salame all’aglio, la salamina da sugo, il pane! Il pane di Occhiobello e Santa Maria Maddalena “la ciupeta” è famoso in tutt’Italia. Malgrado la forte immigrazione il Comune di Occhiobello ha mantenuto il suo profondo senso della tradizione e l’orgoglio per il proprio dialetto di confine che porta molto vivi i segni di una componente celtica. Anche oggi, con la prova dello sviluppo socio-demografico e del rinnovamento urbano, il “paese dell’alluvione” continua a dimostrare la vitalità della sua cultura forte e originale, senza mai perdere il suo tipico carattere di terra di confine.
La Parrocchia arcipretale di S. Lorenzo
La ricostruzione delle origini e delle vicende della chiesa parrocchiale di Occhiobello è alquanto complessa. Dal "libro di memorie della chiesa di Occhiobello" scritto a partire dal 1716 dall'arciprete Carlo Malaspina (allora ventottenne), essa esisteva fin dal 1334 ed era intitolata a S. Michele. Ma il territorio di Occhiobello, che prima del'700 si conosceva sotto il nome di Le Casette, spettava alla parrocchia di Gurzone. L'edificio ha subito numerose ricostruzioni a cominciare da quella testimoniata da una lapide sulla faccia, che addirittura ne fa risalire l'erezione delle fondamenta al 1525; per proseguire con la segnalazione, da parte del Malaspina, di successive aggiunte a completamento dell'edificio. E' interessante notare come ogni lavoro sia stato eseguito anche se non nell'immediato, dopo una visita pastorale: nel 1650 il campanile (1645, Card. Macchiavelli, nella quale si accenna alla presenza di macerie davanti alla chiesa); nel 1665 il completamento del campanile da parte dell'arciprete Massari; nel 1690 da parte di don Lanzoni la sacrestia e l'allungamento dell'edificio (1687, Card. Di Bagno). Nel 1715 il Malaspina dà inizio alla ricostruzione del nuovo edificio, pagando di tasca propria, egli dice. In realtà, sfruttando il beneficio esistente fin dall'erezione in parrocchia della chiesa e soprattutto incrementando al massimo le entrate di offerte (egli stesso sottolinea il fatto di essere riuscito a raddoppiare la rendita della chiesa ed evidenzia le ulteriori potenzialità in questo senso). Infatti, nonostante i lavori citati, la rapidità e l'acquisizione di nuovi arredi, la situazione strutturale dell'edificio era precaria. Così nel 1717 viene ricostruita la sacrestia e nel 1725 la cupola. La chiesa nel frattempo era stata intitolata a S. Lorenzo Martire. Nella visita del maggio 1757 il Card. Crescenzi definisce "perfectum et elegantissimum", ossia completamente rifinito anche all'interno. La consacrazione avvenne quasi cento anni dopo il 10 agosto 1851. Durante la seconda guerra mondiale crollò il campanile che era incorporato nell'edificio accanto all'abside e venne poi ricostruito separato dalla chiesa. Queste dunque le vicende costruttive, travagliate quanto l'attribuzione che è confortata soltanto dalla presenza di parte del progetto all'interno di una anonima raccolta dei disegni degli architetti Santini, conservata presso la biblioteca del seminario Arcivescovile di Ferrara. Prospetto, pianta e sezione longitudinale, mostrano l'essenzialità e la raffinatezza di quest'opera che, come è scritto sulle tre tavole, "... Angelo Santini inventò e Antonio Santini delineò".
Palazzo Pepoli
La ricostruzione di come doveva essere la struttura originale di questa imponente residenza rustica, risulta molto complessa; infatti l'edificio requisito dalle truppe tedesche durante l'ultimo conflitto mondiale, fu fatto saltare in aria prima della ritirata. Oggi resta soltanto l'ala verso Nord-Est, che per altro ha subito pesanti rimaneggiamenti, dovuti in parte al frazionamento della proprietà. Originariamente il terreno su cui sorge l'edificio apparteneva alla nobile famiglia Contrari di Ferrara, come risulta dal rogito del notaio Nicolò del fu Andrea Chiteri di Badia, stilato nella sala dell'aquila del palazzo Ducale di Migliaro il 7 ottobre 1409. I beni della famiglia Contrari passarono per eredità ai Pepoli di Bologna. La rappresentazione cartografica più antica che è stata reperita del palazzo Pepoli fa parte della perizia su un tratto del Po grande, eseguita dal Giudice d'argini Vincenzo Bertoni l'11 luglio 1806. Palazzo Pepoli è notevolmente diverso dalle altre più famose ville di famiglia, poste ai confini del territorio bolognese con quello ferrarese, e cioè la Palata e la Galeazza entrambe di impianto prettamente medioevale a castello.
Villa Savonarola
La nobile famiglia Savonarola dopo Giovanni I si divise in due rami; quello di Padova iniziato dal figlio Francesco, e quello di Ferrara iniziato dal figlio Girolamo cavaliere Gerosolimitano. I rapporti con gli Estensi iniziano già con Lionello d'Este e la donazione a Michele Savonarola (d'ora in avanti si parlerà solo del ramo di Ferrara) di una decima a Rovigo, detta di S. Elena. Il 28 luglio 1563 (rogito del notaio Maurelio Turrini) il Duca Alfonso II investì Michele IV Savonarola del fu Giovanni Battista e i suoi fratelli Girolamo e Nicolò, di un feudo posto nella villa di Occhiobello. La proprietà Savonarola rimase, anche dopo la devoluzione allo Stato Pontificio del Ducato Estense, fino al 1696, quando passò in proprietà alle R.R.M.M. di S. Caterina da Siena di Ferrara, mentre restò alla famiglia Savonarola l'annesso oratorio. Con la soppressione degli Ordini religiosi ed il conseguente incameramento dei beni ecclesiastici durante il dominio napoleonico (1798), la proprietà fu messa all'asta ed acquistata nel 1806 dall'ebreo milanese Samuel Dalla Vida che nel 1826 acquistò anche palazzo Massari.
Successivamente il 18 settembre 1870 passa ai fratelli Maccari, e da questo momento inizia un "andirivieni" dal catasto rustico a quello urbano, fino al 1920 quando viene acquistato da Antonio Previati di Stienta; per rimanere a questa famiglia fino alla attuale sistemazione come albergo. Di villa Savonarola è stata reperita una sola descrizione fatta dal perito agrimensore Ferrante Tommasi nel 1696, allorquando le monache di S. Caterina da Siena la diedero, coi terreni circostanti, in uso inespropriabile al senatore Ercole Pepoli. Degli insediamenti abitativi rurali della fascia dell'Alto medio Polesine, Villa Savonarola rispecchia in generale le caratteristiche: è in parte ad elementi giustapposti e in parte separati (si confronti la possessione "Piacentina" a elementi separati, con oratorio, e la "Ariosta"; e "Paviole" mista, circondata come villa Savonarola, da una cinta muraria, tutte naturalmente considerate secondo il loro aspetto originario).
Cosa visitare in zona

