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GAZZUOLO

Gazzuolo comune con poco più di 2.400 abitanti che sorge sulla sponda destra del fiume Oglio, il cui nome deriva probabilmente dal longobardo “gahangi. Distante 20 km da Mantova, Gazzuolo assunse un ruolo importante durante il dominio dei Gonzaga quando venne edificata la rocca, circondata da un fossato, nella quale, vennero ospitati illustri personaggi come Matteo Bandello, Ludovico Ariosto e Baldassarre Castiglione. Le frazioni sono Belforte (la più popolosa), Pomara, Nocegrossa e Bocca Chiavica.
DA VEDERE
CASA BERGAMASCHI EX GONZAGA
Fatta costruire nella seconda metà del XV secolo, da Ludovico Gonzaga, questa sua residenza estiva, un tempo circondata dalle acque del Dugale, è l’unica testimonianza gonzaghesca a Belforte. Passò nel secolo successivo a un ramo cadetto dei Pico della Mirandola, legati ai Gonzaga da rapporti di parentela. Furono proprio i Pico ad impreziosirne le stanze di dipinti e di affreschi con ornati di stile raffaellesco, portati in parte alla luce in epoca recente. La casa prese così il nome di Palazzo Picchi e il vicolo che le dà accesso divenne Vicolo Picchi fino agli inizi dell’800. Nel 1714 la villa fu acquistata dalla famiglia belfortese dei Bergamaschi. La tradizione popolare la ricorda ancora con il “Pozzo delle taglie” (pozzo in cui pare venissero gettate e quindi uccise le ragazze costrette a soddisfare i capricci amorosi del nobile) e con la “Strada sotterranea” (una sorta di tunnel scavato sotto le fondamenta del paese), che si dice fosse in comunicazione con la chiesa di S. Bartolomeo.
CHIESA DI SAN BARTOLOMEO
La chiesa in stile barocco fu terminata nel 1687. Il campanile venne costruito, invece, nel 1710 con le pietre provenienti dalla demolizione della chiesa parrocchiale precedente. Lo spazioso interno è a navata unica con cinque cappelle per lato, decorate con dipinti settecenteschi di varia scuola ed arredate con quadri, alcuni dei quali forse provenienti dalla chiesa di S. Pietro e da statue, tra cui quella della Madonna della Misericordia, a cui è affissa la data 1696 ma che è sicuramente più antica. Nell’abside barocca si possono ammirare il coro ligneo di noce ed il paliotto dell’altare maggiore, di bellissimo marmo nero intarsiato con arabeschi di vari colori, acquistato dai fabbricieri nel 1754, presso il Duomo di Montichiari. La sagrestia è arredata con un pregevole arredo ligneo e in una teca si conservano berretta e zucchetto del Vescovo di Cremona Geremia Bonomelli (1831/1914).
LA “PREDA PESCADURA”
Nei giardini pubblici si trova tutt’oggi la “Preda Pescadura”, grosso macigno conservato, a ricordo del preesistente castello, che proprio qui sorgeva. Il curioso reperto è l’unica testimonianza delle gloriose fortificazioni gonzaghesche demolite nel XVIII secolo. Secondo la tradizione “la preda” era collocata nell’antico mercato del pesce. Al centro dell’attuale punto di ritrovo di persone dalle varie età è collocata la statua della Patrona Santa Carità. Sul piccolo parco si affaccia pure il Municipio, antico palazzo appartenuto alla famiglia D’Arco.
ORATORIO DI SAN PIETRO
Il primo documento che accenna all’edificio come cappella battesimale è una permuta del 966. Altri del XII secolo confermano la proprietà di Via Cava dei benedettini. Nel 1506 il cardinale Pirro Gonzaga, figlio di Gianfrancesco ed Antonia del Balzo (capostipiti della dinastia di Gazzuolo), donò il complesso monastico ai Girolamini. Il piccolo tempio, in questo periodo, fu trasformato o, forse, ricostruito insieme all’attiguo convento ed iniziò, pure, ad essere utilizzato come pantheon dei Gonzaga. Dal 1704 al 1773 S.Pietro venne affidato ai Gesuiti di Mantova, che ne fecero un luogo di villeggiatura da maggio ad agosto. Alla soppressione dei Gesuiti, la chiesa e il convento passarono, prima al Fisco di Mantova, successivamente a Domenico Petrozzani, quindi nel 1840 a Giuseppe Raimondi, che nel 1869 lasciò l’intero complesso alla comunità di Belforte. La chiesa venne riaperta al culto nel 1893 e poi definitivamente chiusa attorno al primo decennio del ventesimo secolo. Durante la seconda guerra mondiale venne utilizzata come granaio e magazzino. Il campanile di stile romanico risalirebbe al rifacimento della chiesa nel secolo XI. All’interno una loggetta rinascimentale e alcune lapidi sepolcrali di notevole interesse tra cui: la tomba di Antonia Del Balzo (sensibile e colta mecenate, ospitò nella sua corte i grandi nomi della cultura dell’epoca) e di nobili famiglie quali Pico della Mirandola. Nell’abside si trova un affresco cinquecentesco. Un tempo la chiesa conteneva la “Sacra Famiglia” di Teodoro Ghisi, ora nella chiesa di S. Maria in Castello a Viadana, in quanto donato nel secolo scorso al parroco di quella parrocchia, come ricompensa per aver sovrinteso ai lavori di restauro della parrocchiale di Belforte.
ORATORIO DI SAN ROCCO
In stile barocco, risale all’inizio del ‘600 e probabilmente faceva parte di un più ampio complesso religioso. Nell’abside si può ammirare un quadro seicentesco raffigurante S. Rocco, con a fianco due giovani principi Gonzaga, probabilmente i commissionari dell’opera, il quadro raffigurante la Madonna del Pilar di autore ignoto (testimonianza dei contatti che i Gonzaga intrattenevano col mondo spagnolo) ed un Crocefisso intagliato nel legno acquistato verso il 1500, per secoli punto di riferimento della tradizione popolare. Ricco è pure l’arredo ligneo (il pregevole coro con riquadri raffiguranti santi, altare in legno dorato, tavole dipinte).
PORTICI GONZAGHESCHI
Vennero costruiti nei primi anni del ‘500 per volere di Ludovico Gonzaga, sotto la direzione di Andrea Bertazzolo da Acquanegra, padre del più famoso Gabriele e molto probabilmente aggiunti in un secondo tempo al fabbricato retrostante, con la funzione di strada coperta. Si sviluppano per 120 metri (20 metri più lunghi della famosa galleria degli antichi di Sabbioneta, caratteristica questa che lo rende probabilmente l’opera maggiore per estensione fatta costruire dai Gonzaga nella nostra provincia) su trenta arcate, sostenute da ventinove colonne in marmo di Verona, diverse l’una dall’altra per tipo architettonico e decorazioni.
TEATRO GIACOMETTI
Sorge sotto i portici ed è stato recuperato negli anni Novanta dall’Amministrazione Comunale, che negli ultimi anni sta cercando di valorizzare con iniziative stabili. Prende il nome dall’importante drammaturgo del secolo scorso Paolo Giacometti. Questi nacque a Novi Ligure (Alessandria), ma trascorse a Gazzuolo una parte significativa della sua vita, avendo sposato in seconde nozze la nipote del parroco, dalla quale ebbe tre figli; morì il 31 agosto 1882 a Nocegrossa. Un lapide, posta davanti all'ingresso del teatro, ricorda l'artista.Leggi di più...
DA VEDERE
CASA BERGAMASCHI EX GONZAGA
Fatta costruire nella seconda metà del XV secolo, da Ludovico Gonzaga, questa sua residenza estiva, un tempo circondata dalle acque del Dugale, è l’unica testimonianza gonzaghesca a Belforte. Passò nel secolo successivo a un ramo cadetto dei Pico della Mirandola, legati ai Gonzaga da rapporti di parentela. Furono proprio i Pico ad impreziosirne le stanze di dipinti e di affreschi con ornati di stile raffaellesco, portati in parte alla luce in epoca recente. La casa prese così il nome di Palazzo Picchi e il vicolo che le dà accesso divenne Vicolo Picchi fino agli inizi dell’800. Nel 1714 la villa fu acquistata dalla famiglia belfortese dei Bergamaschi. La tradizione popolare la ricorda ancora con il “Pozzo delle taglie” (pozzo in cui pare venissero gettate e quindi uccise le ragazze costrette a soddisfare i capricci amorosi del nobile) e con la “Strada sotterranea” (una sorta di tunnel scavato sotto le fondamenta del paese), che si dice fosse in comunicazione con la chiesa di S. Bartolomeo.
CHIESA DI SAN BARTOLOMEO
La chiesa in stile barocco fu terminata nel 1687. Il campanile venne costruito, invece, nel 1710 con le pietre provenienti dalla demolizione della chiesa parrocchiale precedente. Lo spazioso interno è a navata unica con cinque cappelle per lato, decorate con dipinti settecenteschi di varia scuola ed arredate con quadri, alcuni dei quali forse provenienti dalla chiesa di S. Pietro e da statue, tra cui quella della Madonna della Misericordia, a cui è affissa la data 1696 ma che è sicuramente più antica. Nell’abside barocca si possono ammirare il coro ligneo di noce ed il paliotto dell’altare maggiore, di bellissimo marmo nero intarsiato con arabeschi di vari colori, acquistato dai fabbricieri nel 1754, presso il Duomo di Montichiari. La sagrestia è arredata con un pregevole arredo ligneo e in una teca si conservano berretta e zucchetto del Vescovo di Cremona Geremia Bonomelli (1831/1914).
LA “PREDA PESCADURA”
Nei giardini pubblici si trova tutt’oggi la “Preda Pescadura”, grosso macigno conservato, a ricordo del preesistente castello, che proprio qui sorgeva. Il curioso reperto è l’unica testimonianza delle gloriose fortificazioni gonzaghesche demolite nel XVIII secolo. Secondo la tradizione “la preda” era collocata nell’antico mercato del pesce. Al centro dell’attuale punto di ritrovo di persone dalle varie età è collocata la statua della Patrona Santa Carità. Sul piccolo parco si affaccia pure il Municipio, antico palazzo appartenuto alla famiglia D’Arco.
ORATORIO DI SAN PIETRO
Il primo documento che accenna all’edificio come cappella battesimale è una permuta del 966. Altri del XII secolo confermano la proprietà di Via Cava dei benedettini. Nel 1506 il cardinale Pirro Gonzaga, figlio di Gianfrancesco ed Antonia del Balzo (capostipiti della dinastia di Gazzuolo), donò il complesso monastico ai Girolamini. Il piccolo tempio, in questo periodo, fu trasformato o, forse, ricostruito insieme all’attiguo convento ed iniziò, pure, ad essere utilizzato come pantheon dei Gonzaga. Dal 1704 al 1773 S.Pietro venne affidato ai Gesuiti di Mantova, che ne fecero un luogo di villeggiatura da maggio ad agosto. Alla soppressione dei Gesuiti, la chiesa e il convento passarono, prima al Fisco di Mantova, successivamente a Domenico Petrozzani, quindi nel 1840 a Giuseppe Raimondi, che nel 1869 lasciò l’intero complesso alla comunità di Belforte. La chiesa venne riaperta al culto nel 1893 e poi definitivamente chiusa attorno al primo decennio del ventesimo secolo. Durante la seconda guerra mondiale venne utilizzata come granaio e magazzino. Il campanile di stile romanico risalirebbe al rifacimento della chiesa nel secolo XI. All’interno una loggetta rinascimentale e alcune lapidi sepolcrali di notevole interesse tra cui: la tomba di Antonia Del Balzo (sensibile e colta mecenate, ospitò nella sua corte i grandi nomi della cultura dell’epoca) e di nobili famiglie quali Pico della Mirandola. Nell’abside si trova un affresco cinquecentesco. Un tempo la chiesa conteneva la “Sacra Famiglia” di Teodoro Ghisi, ora nella chiesa di S. Maria in Castello a Viadana, in quanto donato nel secolo scorso al parroco di quella parrocchia, come ricompensa per aver sovrinteso ai lavori di restauro della parrocchiale di Belforte.
ORATORIO DI SAN ROCCO
In stile barocco, risale all’inizio del ‘600 e probabilmente faceva parte di un più ampio complesso religioso. Nell’abside si può ammirare un quadro seicentesco raffigurante S. Rocco, con a fianco due giovani principi Gonzaga, probabilmente i commissionari dell’opera, il quadro raffigurante la Madonna del Pilar di autore ignoto (testimonianza dei contatti che i Gonzaga intrattenevano col mondo spagnolo) ed un Crocefisso intagliato nel legno acquistato verso il 1500, per secoli punto di riferimento della tradizione popolare. Ricco è pure l’arredo ligneo (il pregevole coro con riquadri raffiguranti santi, altare in legno dorato, tavole dipinte).
PORTICI GONZAGHESCHI
Vennero costruiti nei primi anni del ‘500 per volere di Ludovico Gonzaga, sotto la direzione di Andrea Bertazzolo da Acquanegra, padre del più famoso Gabriele e molto probabilmente aggiunti in un secondo tempo al fabbricato retrostante, con la funzione di strada coperta. Si sviluppano per 120 metri (20 metri più lunghi della famosa galleria degli antichi di Sabbioneta, caratteristica questa che lo rende probabilmente l’opera maggiore per estensione fatta costruire dai Gonzaga nella nostra provincia) su trenta arcate, sostenute da ventinove colonne in marmo di Verona, diverse l’una dall’altra per tipo architettonico e decorazioni.
TEATRO GIACOMETTI
Sorge sotto i portici ed è stato recuperato negli anni Novanta dall’Amministrazione Comunale, che negli ultimi anni sta cercando di valorizzare con iniziative stabili. Prende il nome dall’importante drammaturgo del secolo scorso Paolo Giacometti. Questi nacque a Novi Ligure (Alessandria), ma trascorse a Gazzuolo una parte significativa della sua vita, avendo sposato in seconde nozze la nipote del parroco, dalla quale ebbe tre figli; morì il 31 agosto 1882 a Nocegrossa. Un lapide, posta davanti all'ingresso del teatro, ricorda l'artista.

